Opéra
A Monte-Carlo, Anna Pirozzi fa girare la testa al “Pirata” (e la nostra)

A Monte-Carlo, Anna Pirozzi fa girare la testa al “Pirata” (e la nostra)

16 March 2020 | PAR Paul Fourier

Pour nos amis italiens, vous trouverez ci-dessous la traduction de notre critique du Pirate.

Il soprano italiano ha dato una splendida lezione di canto in questa opera di Bellini poco rappresentata.

Quando siamo entrati nell’Auditorium Rainier III domenica 8 marzo 2020, non sapevamo ancora che, a causa dell’epidemia di Coronavirus, sarebbe stata una delle ultime rappresentazioni liriche che avremmo visto per diverse settimane. Sale chiuse, artisti e tecnici in cassa integrazione, tutto questo è catastrofico per le rappresentazioni artistiche dal vivo, e ci vorrà del tempo per la ripresa (leggi il nostro articolo). La critica, quindi, in questo periodo, sarà di fatto scarsa, in attesa di giorni migliori. Nell’attesa e nell’essere pazienti, assaporiamo insieme i momenti eccezionali del recentissimo concerto de “Il Pirata” di Vincenzo Bellini.

Come molto spesso a Monte-Carlo, dove l’opera italiana gode di un trattamento degno dei grandi teatri della vicina penisola, si intuisce, fin dall’introduzione, che si sta per assistere a puro bel canto, diretto con bella passione del direttore d’orchestra, Giacomo Sagripanti. Sotto la sua bacchetta, l’Orchestra Filarmonica di Monte-Carlo vibra con la tempesta dell’inizio d’opera, fino ad esaltare momenti di tensione per concludere con un atto finale emozionante. Trascinato nello stesso movimento, il coro dell’Opera di Monte-Carlo rende omaggio alla scrittura di Bellini, e vale anche per i personaggi minori, l’Itulbo di Reinaldo Macias, Goffredo di Alessandro Spina, e Adele di Claudia Urru che appaiono leggermente sfocati, sbiaditi dalla vicinanza con una padrona dai mezzi colossali.

Come d’abitudine, nel ruolo del pirata Gualtiero, il tenore Celso Albelo è efficiente… ma non molto raffinato. I mezzi sono sempre evidenti, e la presenza c’è, ma l’interpretazione soffre del fatto che l’artista ha difficoltà ad uscire dai colori forti per produrre sfumature di cui è comunque puntualmente capace. Di conseguenza, le sue arie creano rapidamente una sensazione di saturazione che in questo repertorio belcantista preferiremmo con più nuances e sottigliezze.

All’opposto invece, Vittorio Prato (che sostituisce George Petean) nel ruolo di Ernesto, nemico giurato di Gualtiero, esibisce una linea vocale grintosa, un bel legato, una consumata arte dei vocalizzi ereditata dalla sua abituale pratica in un repertorio belcantistico più leggero, in particolare Rossiniano. Visibilmente in preda a un certo “panico” da palcoscenico, riesce tuttavia a risolvere un ruolo che in definitiva è pesante, un personaggio fondamentalmente crudele e inflessibile che esige un’alterigia e una violenza, portata da una proiezione che deve essere quasi aggressiva. Il contrasto di mezzi vocali tra il tenore e il baritono accentua lo squilibrio tra i due rivali.

Tuttavia, grazie all’incarnazione di Anna Pirozzi nel ruolo di Imogene – e all’audacia del direttore/regista Jean-Louis Grinda – le due rappresentazioni monegasche segnano un evento straordinario nella storia del bel canto. Rendendosi conto dell’incredibile combinazione nel praticare ruoli pesanti che la contraddistinguono – come Abigaille nel Nabucco in testa – e ciò che è richiesto nel bel canto belliniano, riesce a tracciare l’eroina nella stessa linea di Callas e Caballé. Lontano per molti versi dalla maggior parte degli altri caratteri femminili di questo periodo musicale, Imogene esige mezzi vocali molto più vicini a quelli richiesti per interpretare Norma, tanto che il personaggio soffre di vulnerabilità e di oltraggi simili a quelli fatti ad Elvira o a Lucia. Trovare la giusta sintesi è dunque un compito difficile. La Pirozzi ci riesce perfettamente. Essa mette al suo servizio del personaggio i suoi notevoli mezzi, oltre alla sua arte di sfumature e una tecnica belcantistica irreprensibile. La sua aria d’ingresso, i suoi duetti, soprattutto con Gualtiero e la terribile scena finale con i suoi salti di registro, non solo non l’hanno mai messa in difficoltà, ma dimostrano tutta la portata della sua arte in questo campo. Continuando a tracciare il suo percorso, alternando Tosca, Norma, Turandot, Abigaille o Aida in un percorso di carriera sorprendente, ma totalmente in equilibrio con la sua voce, il soprano ci ha così riservato con il nuovo ruolo, una bella sorpresa che potrebbe motivarla a continuare ed esplorare questo repertorio.

Mentre il Pirata con Sondra Radvanovsky è stato cancellato a causa degli scioperi all’Opera di Parigi, quello di Marina Rebeka subirà probabilmente la stessa sorte a Düsseldorf a causa del Coronavirus, ed è difficile credere a quello di Diana Damrau al Met dell’anno prossimo, sarebbe stato un peccato perdere questo Pirata, tanto più che ora è un punto di riferimento.

© Paul Fourier

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Paul Fourier

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